sabato 21 gennaio 2017

"Piccole donne" di Louisa May Alcott


Ci sono libri che occupano un posto speciale nel cuore delle persone, non necessariamente perché sono il più bel libro mai letto, quanto piuttosto per tutta una serie di avvenimenti, esperienze e ricordi che li legano ad esse in modo indissolubile. Sono libri che in qualche modo hanno rappresentato un punto di svolta nella nostra vita, che hanno saputo toccare corde emozionali particolarmente delicate al momento opportuno, che hanno aperto la nostra mente a una nuova prospettiva. Il tempo passa,  le persone cambiano, i gusti cambiano, nuove esperienze e nuove sensazioni si accumulano, eppure quei libri continuano a occupare un posto particolare nel nostro cuore che è riservato solo a loro. Perché non sono più solo storie, o personaggi, o avventure, ma diventano a tutti gli effetti una parte di noi, un elemento imprescindibile della nostra persona. Quel libro per me è Piccole donne, e a distanza di almeno vent'anni ho scelto di tornare tra le sue pagine.


– Natale non sarà Natale senza regali, – brontolò Jo, stesa sul tappeto.
– Brutto guaio essere poveri, – commentò con un sospiro Meg facendo scivolare lo sguardo sul suo vecchio vestito.
– È un'ingiustizia, dico io, che tante ragazze abbiano un sacco di belle cose e altre niente, – aggiunse la piccola Amy, tirando su col naso per il dispetto.
– Abbiamo il papà e la mamma, però, e ciascuna di noi ha tre sorelle, – disse Beth dal suo angolino con aria soddisfatta.
Le sagge parole della ragazzina rischiararono i quattro giovani visetti su cui guizzava a tratti il riverbero del fuoco acceso nel caminetto, ma subito le espressioni tornarono a incupirsi quando Jo riattaccò in tono amaro:  – Veramente il papà non ce l'abbiamo, al momento. E non lo avremo per molto tempo ancora.
Non disse «forse mai più», ma quel pensiero passò lo stesso nella mente di ognuna di loro perché il papà era lontano e sui campi di battaglia.

Piccole donne narra la storia della famiglia March in una America scossa dalla guerra di Secessione. Al centro della vicenda le quattro sorelle Jo, Meg, Beth e Amy che tra sorrisi e lacrime, sogni e difficoltà, si fanno strada nel duro e complicato gioco della vita cercando di tirare avanti insieme alla madre mentre il padre si trova al fronte e sommando alle incombenze di ogni giorno le loro personali esperienze che le porteranno a maturare e a intensificare il loro rapporto reciproco. L'intera serie si compone di quattro titoli: Piccole donne, Piccole donne crescono, Piccoli uomini e I ragazzi di Jo. Questo primo capitolo copre un intero anno della vita delle sorelle March che porterà il lettore a vederle crescere tra errori, incomprensioni e piccoli litigi, nonché a fare la conoscenza dei vicini di casa – il Signor Laurence e suo nipote Laurie – che diventeranno figure fondamentali nella vita delle quattro giovani donne.

Ritrovarsi da adulti a rileggere le nostre letture preferite di quando eravamo ragazzi, come notavo in un post precedente, può rivelarsi un'esperienza decisamente complicata, divisa tra l'emozione di tornare per un attimo bambini e la delusione di saper giudicare con occhio critico i difetti di quei libri che ci avevano tanto fatto sognare. E così è impossibile non notare l'intento educativo ed eccessivamente moralistico che accompagna quest'opera: l'enfasi posta sulla preghiera, sul matrimonio e la famiglia, sul bisogno di stare sempre unite, sulla necessità di condividere ogni cosa all'interno del nucleo familiare mettendo da parte le tentazioni e i propri capricci personali, seppur tendenzialmente condivisibile, è a tratti così spinta da risultare – forse più per il lettore contemporaneo che per il lettore adulto in sé – pesante se non addirittura ridicola e insopportabile.

Una scena dal film Piccole donne del 1994.

Ma anche in questo incessante susseguirsi di prediche e insegnamenti, la Alcott trova il modo di introdurre elementi di innovazione e di sovvertire un ordine morale precostituito che caratterizzava la società di epoca vittoriana che ne vide i natali e in cui la stessa autrice non sembrava molto riconoscersi. Il desiderio di realizzazione personale delle quattro sorelle, Jo e Meg che scelgono di interrompere gli studi e iniziare a lavorare per contribuire al sostentamento della famiglia, Jo che decide di rinunciare alla sua folta e bellissima chioma per raccattare un po' di denaro da inviare al padre, sono tutti elementi che rappresentano in qualche modo una forma di ribellione a un sistema che voleva la donna come parte debole e incatenata alla vita domestica. Lo stesso personaggio di Jo, in cui l'autrice – secondogenita di quattro figlie e da sempre aspirante scrittrice – ha chiaramente messo molto di sé e del suo spirito femminista e indipendente, costituisce in sé una sovversione.

– Ma quale signorina! Se per il solo fatto di portare i capelli raccolti sulla testa non sono più libera di farmi gli affari miei, li sciolgo subito e vado in giro con le trecce fino a quando avrò vent'anni! – esclamò Jo strappandosi la reticella e liberando una massa di capelli castani. – Non mi va per niente giù l'idea di dover crescere e diventare Miss March, di dover portare vestiti lunghi e starmene rigida come un astro in fiore! È già una bella scocciatura essere donna, quando mi piace tutto quello che è riservato agli uomini, giochi, mestieri, modo di vivere e soprattutto la libertà di fare tutto quel che si vuole. Soprattutto adesso che potrei essere al fronte con papà, e invece eccomi qua a fare la calza come una vecchietta.

Questo passaggio racchiude in sé tutta l'essenza del personaggio di Jo March e una netta opposizione a un sistema di valori che, da una parte, categorizza le donne secondo un modello standard cui non è permesso loro di distaccarsi, privandole così della più ampia libertà d'azione che è invece riservata all'indipendente controparte maschile, e, dall'altra, non riconosce appieno l'individualità dei singoli individui, uomini o donne che siano, e i loro desideri primari. In questo, la figura di Jo – sognatrice, indipendente e maschiaccio – si presenta non solo come un elemento di innovazione nel filone dei romanzi familiari del tempo, ma anche come la concretizzazione di un sentimento che senza dubbio molte lettrici contemporanee della Alcott avrebbero fatto proprio. Non è un caso, del resto, che proprio il suo fra quelli delle quattro sorelle è il personaggio che emerge con maggiore intensità dalla narrazione, tanto da diventare protagonista indiscusso dei successivi capitoli.

E dopotutto, chi non si è mai riconosciuta in lei? Chi non ha mai ritrovato un po' di sé in quell'eroina maldestra, idealista e dal cuore d'oro? Da piccola sognavo di essere Jo March e fantasticavo di vivere un po' la sua vita. Certo, mai mi sarei sognata di chiudermi a leggere in soffitta con dei topi, ma l'amore per la lettura, l'amore per la scrittura, fu Jo a trasmettermeli. Ancora oggi non posso dimenticare le serate distesa sul letto a leggere o i pomeriggi passati a scrivere storie con la mia macchina da scrivere nuova fiammante – ah, quei tempi lontani in cui la gente non aveva un pc! –, uno dei regali più belli che abbia mai ricevuto. Le mie passioni sono cambiate negli anni, ho deviato, preso un'altra strada, ma alla fine quasi involontariamente sono tornata al punto di partenza, alla lettura e alla scrittura, e di questo ancora oggi sono immensamente grata a Louisa May Alcott e alla sua insostituibile eroina.

6 commenti:

  1. Tutto ciò che hai detto, posso sottolinearlo e condividerlo. Piccole donne è stata una delle mie prime letture importanti, Jo March la mia prima indiscussa eroina letteraria. Un paio di anni fa ho acquistato l'edizione Einaudi che racchiude tutti i libri, e ne leggo uno ogni ottobre. La rilettura di Piccole donne non mi ha delusa per niente, nonostante gli evidenti intenti educativi e moralisti di cui hai giustamente parlato. È pur sempre un'opera di un'altra epoca che va considerata nel suo contesto, dentro il quale presenta senz'altro elementi innovativi e di rottura (primo tra tutti, appunto il carattere di Jo). Lo scorso ottobre invece ho letto Piccole donne crescono, che mi ha appassionata tantissimo.
    Tu hai letto o hai intenzione di leggere i seguiti? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Credo che Jo sia stata la prima eroina di molte di noi :) Sono perfettamente d'accordo con la tua osservazione sul contesto, trovo che sia molto importante quando si legge un libro (ma non solo) tener conto dell'epoca e del luogo in cui è stato scritto, perché valutare una cosa solo con il nostro metro di giudizio ci porta inevitabilmente a sbagliare strada e a una comprensione solo parziale del testo.
      Ho la tua stessa versione con tutti i libri della serie e pian piano conto di leggerli tutti nel corso dell'anno :)

      Elimina
  2. Jo è stata per tutte noi l'eroina nella quale identificarci.
    Ho adorato il film degli anni Novanta. Sarà che ad esso è legato il ricordo di un pomeriggio al cinema con una cara zia che portò tutti noi nipoti a vederlo. Ricordi che mi fanno venire un movimento nello stomaco talmente sono forti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Già, credo che la maggior parte di noi sia cresciuta con il modello di Jo March. Che bel ricordo che hai legato al film! Io l'ho sempre visto soltanto in tv e i miei ricordi sono legati principalmente ai libri, ricordo ancora come fosse ieri i momenti trascorsi sul letto a leggerli. Ma qualunque sia la versione dei nostri ricordi, trovo bellissimo che una storia abbia lasciato un segno così grande nel cuore di così tante persone.

      Elimina
  3. Questo romanzo è un mito e Jo un mito nel mito: impossibile non amarlo (ma, dopo la botta terribile di Piccole donne crescono, non ho avuto il coraggio di leggere gli altri due libri). :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quanto ti capisco! Anch'io quando lo lessi da ragazzina non riuscii mai ad andare oltre Piccole donne crescono. Questa volta però ho acquistato il volumone della Einaudi con tutti e quattro i libri e spero di riuscire a leggerli tutti :)

      Elimina